Parte prima
3. Le metodiche di riabilitazione utili al malato reumatico

3.c Il drenaggio linfatico manuale

Indice dell'articolo

Introduzione e breve storia

Il Drenaggio Linfatico Manuale (DLM), o linfodrenaggio manuale, è una specifica tecnica di massaggio utilizzata allo scopo di facilitare e accelerare il deflusso dei liquidi in eccesso nel contesto di tessuti e organi del corpo umano.

I coniugi Vodder, fondatori dell’omonima scuola, sono i maggiori pionieri della tecnica. Emil Vodder (1896-1986), in particolare, notò che molti dei suoi pazienti con infezioni croniche alle vie respiratorie superiori presentavano gonfiore dei linfonodi del collo. Contravvenendo alle indicazioni mediche del tempo, cominciò a massaggiarli delicatamente, osservando come tale pratica apportasse notevoli miglioramenti di salute nei pazienti. Ciò lo indusse ad approfondire la questione e a codificare una tecnica che nel 1936 venne ufficialmente presentata al pubblico col nome di “linfodrenaggio manuale”.

Negli anni successivi ricercatori come Foldi (Germania), Casley-Smith (Australia), Kuhnke e Asdonk (Belgio), a seguito di numerosi studi, conferirono maggiore carattere scientifico alla tecnica, definendone ulteriormente indicazioni e controindicazioni.

Il linfodrenaggio viene attualmente eseguito secondo i dettami di diverse scuole. Le più note sono la scuola Leduc e il metodo Vodder. Entrambe si basano su princìpi simili, ma differiscono per il numero delle manovre e i protocolli di esecuzione. Il metodo Vodder resta comunque il più praticato e studiato in ambito medico-scientifico, compreso quello reumatologico.

Anatomia e fisiologia del sistema linfatico

L’apparato circolatorio linfatico è costituito da un complesso sistema di vasi che ha lo scopo di drenare i fluidi dallo spazio interstiziale dei tessuti al torrente circolatorio. Al suo interno circola la linfa, un tessuto connettivo specializzato costituito dal liquido interstiziale, da linfociti e da macrofagi. Essa circola nei vasi linfatici, attraversa i linfonodi, che ne controllano e ne modificano la composizione, per riversarsi infine nel sistema venoso tramite i collettori linfatici principali: il dotto toracico e il dotto linfatico destro. Il dotto toracico, il più ampio e importante canale linfatico, trae origine dalla cisterna di Pecquet, sita anteriormente alla colonna vertebrale tra la XII vertebra toracica e la II lombare. Qui fanno capo i vasi linfatici provenienti dalla parte inferiore del corpo, quella situata sotto il diaframma, ma anche dall’emilato sinistro del torace, dall’arto superiore sinistro e dal lato sinistro di testa e collo. La linfa viene quindi convogliata dal dotto toracico nella vena succlavia di sinistra, rientrando nella circolazione sanguigna.

La linfa proveniente dall’emilato destro del torace, dal braccio destro e dal lato destro di testa e collo viene invece convogliata nel dotto linfatico destro, che la riversa a sua volta nella vena succlavia di destra.

La linfa, inoltre, scorre sempre e solo in direzione centripeta e il suo moto, a differenza di quanto avviene nel sistema cardiovascolare, non è dato dall’azione di un organo motore, bensì dall’azione congiunta di più componenti:

- movimenti respiratori: le dilatazioni e le compressioni della gabbia toracica determinate dalla respirazione esercitano un’azione “a pompa” soprattutto a carico del dotto toracico. La linfa viene spinta nel sistema sanguigno in fase di espirazione, mentre viene richiamata nel dotto toracico in corso d’inspirazione;
- contrazioni muscolari: comprimono i vasi “spremendo” la linfa lungo il loro decorso. I linfonodi e l’azione di apposite valvole impediscono il suo riflusso, garantendo così un moto unidirezionale;
- pulsazioni arteriose: imprimono un movimento che sollecita la contrazione delle pareti dei vasi linfatici;
- cambiamenti posturali-movimenti propri dei vasi linfatici: controllati dal sistema nervoso autonomo, che agisce direttamente sulle fibre muscolari lisce del vaso.

Valutazione dell’edema

Valutazione clinica

L’edema è uno stato di gonfiore visibile e palpabile dovuto a un abnorme aumento del liquido interstiziale dei tessuti.

Gli edemi di origine linfatica sono classificati, a seconda della loro origine, in primari e secondari.

Il linfedema primario ha eziologia sconosciuta e spesso consegue a un’alterazione congenita dei vasi linfatici di una specifica regione dell’organismo. Si parla di aplasia nel caso di una loro carenza totale in una regione del corpo; d’ipoplasia quando lo sviluppo del sistema linfatico è inferiore alla norma; e d’iperplasia quando i vasi linfatici sono dilatati e ingrossati.

Il linfedema secondario compare in un sistema linfatico sano come conseguenza di un trauma, di un’infiammazione, di un processo tumorale o di una patologia iatrogena.

Nel determinarne il tipo bisogna valutare, mediante attente osservazione e palpazione, le sue caratteristiche principali: unilaterale o bilaterale, generalizzato o localizzato, permanente o fluttuante, con o senza dolore, cronico, con o senza alterazione della cute, con o senza presenza del segno della fovea, con segno di Stemmer positivo o negativo. Quest’ultimo si ricerca pizzicando la pelle con le dita, e viene considerato positivo quando si apprezza un ispessimento cutaneo che non permette l’avvicinamento delle dita stesse; generalmente consegue a un accumulo di proteine nell’interstizio e alla proliferazione di tessuto connettivo.

Valutazione strumentale

Volumetria ad acqua. È una metodica che consente di misurare direttamente il volume dell’arto edematoso tramite immersione in acqua. Si utilizza principalmente per misurazioni di mani e piedi, le cui valutazioni centimetriche risultano più difficoltose e poco precise. L’arto viene immerso in un contenitore colmo d’acqua fino a un livello preciso precedentemente individuato sulla cute e si misura il volume d’acqua spostato dall’arto stesso.

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Figura 1 — Metodica della volumetria ad acqua per la misurazione del volume dell’arto.

Valutazione della mano sclerodemica in fase edematosa - Mauro Passalacqua.

Questa tecnica valutativa ha dimostrato una discreta riproducibilità e un’elevata accuratezza; la necessità di una notevole collaborazione e di una buona motilità da parte del paziente la rende tuttavia poco utilizzabile nella pratica clinica routinaria.

Misurazione con metro a nastro. Attraverso l’utilizzo di un metro a nastro è possibile calcolare indirettamente il volume dell’arto, partendo da una misurazione precisa delle circonferenze a una distanza di 10 cm l’una dall’altra lungo l’asse longitudinale dell’arto stesso. Nel caso che l’arto presenti importanti dismorfie, le distanze vengono ridotte a 4 cm (metodo Kuhnke). I valori così ottenuti sono quindi elaborati mediante l’applicazione di specifiche formule volumetriche in cui l’arto viene assimilato a una figura geometrica, generalmente un cilindro o un tronco di cono.

La misurazione centimetrica presenta il vantaggio di essere rapida, poco costosa ed eseguibile con mezzi facilmente reperibili. Nella misurazione della mano e del piede, data la loro forma irregolare, poco assimilabile a quella di solidi geometrici semplici, è più indicato il metodo dell’immersione in acqua.

Perometro (perometry). Si tratta di un macchinario che, sfruttando le ombre generate da fonti di luce infrarossa rivolte ortogonalmente all’arto da valutare, tramite specifici sensori permette di tracciare sezioni circolari assai precise dell’arto stesso. È una tecnica estremamente accurata, con una riproducibilità sovrapponibile a quella della volumetria ad acqua; risulta inoltre di più facile utilizzo e fornisce indicazioni anche circa la distribuzione spaziale dell’edema. Per contro, è alquanto costosa e, al momento, non commercializzata in Italia.

Obiettivi

L’obiettivo principale del linfodrenaggio manuale è quello di ridurre l’edema. La ripetizione di manovre specifiche stimola infatti l’automatismo muscolare dei vasi linfatici e la conseguente contrazione rafforzata dura generalmente alcune ore, assicurando un effetto drenante dei liquidi stagnanti interstiziali. Con un trattamento protratto per diversi mesi si può ottenere un notevole incremento della capacità di trasporto linfatico, dovuto soprattutto alla formazione di nuove anastomosi a livello della microcircolazione linfatica.

Altro obiettivo fondamentale è la riduzione del dolore. Questa tecnica permette infatti di ridurre la conduzione algica, agendo indirettamente sulle cellule inibitrici. Se si considera l’impatto del dolore nelle patologie croniche possiamo comprendere l’importanza di tale tecnica nelle affezioni reumatologiche.

Drenaggio secondo Vodder

Le manovre del drenaggio linfatico manuale secondo la scuola di Vodder sono effettuate seguendo traiettorie circolari e spirali. Sono caratterizzate da una fase di pressione e da una di rilasciamento. Le pressioni variano a seconda del tipo di edema e della zona da trattare, ma in genere constano di manovre leggere, sufficienti a generare uno spostamento dei piani cutanei superficiali rispetto a quelli sottostanti.

Manovre di base. Le manovre di base del drenaggio linfatico secondo Vodder sono 4:

- 1. cerchi fermi: si posano le dita piatte e parte del palmo della mano sulla pelle e si eseguono dei cerchi, spostando la pelle in direzione della circolazione linfatica. La prima parte del cerchio viene eseguita esercitando una pressione al fine di spostare la cute; nella seconda parte si effettua un rilasciamento della pelle in modo che torni alla posizione di partenza, sempre mantenendo il contatto manuale;

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Figura 2 — Cerchi fermi effettuati a livello dei linfonodi ascellari.


- 2. tocco a pompa: la mano viene posta sulla pelle col palmo rivolto verso il basso, perpendicolarmente all’asse longitudinale del segmento da trattare. L’arco pollice-indice è aperto. Tutto il movimento risulta guidato dal polso: si effettuano la pressione spingendo con dita e palmo di mano la cute in direzione del drenaggio e il rilasciamento tramite il loro successivo sollevamento;

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Figura 3 — Tocco a pompa eseguito nel trattamento dell’arto superiore.


- 3. presa che attinge: il palmo della mano è rivolto verso l’alto e le dita sono posate sulla cute. Il movimento è determinato dalla rotazione del polso e della mano; le dita, spostandosi sulla cute, esercitano una leggera pressione in direzione del drenaggio e poi si sollevano per il rilasciamento;

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Figura 4 — Presa che attinge effettuata sul linfonodi cervicali posteriori.


- 4. manovra rotativa: all’inizio della manovra soltanto pollice e indice sono posati sulla cute, mentre le altre dita sono aperte in direzione del drenaggio. Successivamente, con l’abbassamento e una piccola rotazione del polso, tutta la mano entra in contatto con la pelle, effettuando la pressione. La manovra termina nel momento in cui il pollice si avvicina al bordo radiale dell’indice.

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Figura 5 — Presa sfiorante per il drenaggio del dorso della mano.

Nell’effettuare un trattamento, la scelta di ognuna di queste 4 manovre di base è legata alla zona da trattare e al tipo di edema da drenare. I contatti manuali di ogni manovra si adattano infatti in modo specifico alle molteplici caratteristiche anatomiche del corpo.

Oltre alle 4 manovre di base, il drenaggio linfatico secondo Vodder prevede l’impiego di manovre specifiche. Tali manovre si effettuano per drenare, svuotare e stimolare le varie stazioni linfonodali del sistema linfatico. Quelle che più frequentemente vengono usate durante i trattamenti di DLM sono:

  • manovra di drenaggio dei linfonodi sovraclavicolari;
  • manovra di drenaggio dei linfonodi parasternali e delle vie intercostali;
  • manovra di drenaggio dei linfonodi ascellari;
  • manovra di drenaggio dei linfonodi sovraepitrocleari;
  • manovra di drenaggio addominale profondo;
  • manovra di drenaggio dei linfonodi inguinali;
  • manovra di drenaggio dei collettori linfatici del canale fibroso dei muscoli adduttori;
  • manovra di drenaggio dei linfonodi poplitei;
  • manovra di drenaggio delle anastomosi ischiatiche;
  • manovra di drenaggio degli spazi retromalleolari.

Indicazioni del drenaggio linfatico

- a. Edema primario;
- b. edema secondario:

  • traumatico;
  • chirurgico;
  • post-infettivo;
  • da ustione;
  • conseguente a patologie neoplastiche;
  • conseguente a patologie reumatiche;

- c. edemi misti;
- d. edema generalizzato;
- e. edema ciclico idiopatico.

Il drenaggio linfatico nelle patologie reumatiche

Il DLM presenta numerose applicazioni in ambito reumatologico. La sua azione sulla conduzione del dolore (effetto antalgico) e sul sistema parasimpatico (effetto inibitorio del tono muscolare e miglioramento del trofismo tissutale) lo rende indicato nel trattamento delle patologie caratterizzate da infiammazione cronica. Il suo effetto anti-edemizzante favorisce inoltre un più rapido ripristino della normale mobilità articolare e tissutale, riducendo l’impedimento meccanico dell’edema. In particolare nell’artrite reumatoide nello stadio sub-acuto e post-acuto, il DLM applicato alle articolazioni periferiche permette una mobilizzazione maggiormente tollerata dal paziente ed è coadiuvante in tutte le fisioterapie indicate. Nella spondilite anchilosante viene utilizzato sulla muscolatura dorsale al fine di ridurre le contratture e di eliminare eventuali edemi locali.

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Figura 6 — Trattamento con la manovra dei cerchi fermi a livello dei muscoli paravertebrali in una paziente con spondilite anchilosante.

Nel lupus eritematoso sistemico può favorire il miglioramento del trofismo del tessuto connettivale, e nella fibromialgia può essere utile per il suo effetto miorilassante antidolorifico. Il DLM è particolarmente indicato nel trattamento delle mani, dei piedi e del viso nella sclerodermia in fase edematosa.

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Figura 7 — Fase di trattamento della mano nel paziente sclerodermico
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Figura 8 — Fase di trattamento del volto.

Al riguardo, recenti studi dimostrano la sua straordinaria efficacia a breve e medio termine nella riduzione dell’edema e del dolore, nel miglioramento dell’articolarità e nel ripristino della funzione delle mani.

Controindicazioni assolute

- Edema cardiaco;
- insufficienza cardiaca destra non compensata;
- infezioni batteriche, virali e da parassiti;
- flebite;
- trombosi venosa recente (8 settimane).

Controindicazioni relative

- Stato infiammatorio locale;
- ipertiroidismo.