7.b La rizoartrosi
“Rizoartrosi” significa degenerazione artrosica dell’articolazione costituita dal trapezio e dal primo metacarpo.
L’articolazione Trapezio-Metacarpale (TM) è situata alla radice della colonna osteo-articolare del pollice che è costituita da scafoide, trapezio, primo metacarpo, prima falange e seconda falange. Il pollice è importante in tutti i movimenti della mano, in particolare in quello di opposizione con le altre dita.
La TM è definita articolazione “a sella” per l’estrema somiglianza con la sella del cavallo: concava da un senso e convessa dall’altro. Permette i movimenti di opposizione, abduzione, adduzione, flessione, estensione.
La capsula dell’articolazione TM è piuttosto lassa per consentire l’escursione del movimento della superficie articolare metacarpica su quella trapezoide.
L’articolazione TM lavora in compressione; questo è l’elemento chiave che permette di orientare il primo metacarpo e la sua colonna in tutte le direzioni dello spazio, assicurando la coaptazione articolare in tutti i possibili piani assunti.
Proprio a causa della sua struttura anatomica e del continuo lavoro che compie, la TM è frequentemente soggetta a degenerazione cartilaginea, con conseguente artrosi. Nasce così la rizoartrosi.
La rizoartrosi ha maggiore incidenza sulla mano dominante, ma generalmente è bilaterale.
Causa limitazione funzionale nello svolgimento delle comuni attività di base (ADL, Activities of Daily Living), provoca dolore esacerbante nell’eseguire determinate prese funzionali, prevalentemente le prese termino-terminali e le pinze termino-laterali. Viene raggiunta l’impotenza funzionale nel prendere saldamente anche oggetti con diametro piuttosto grande.
La rizoartrosi, nel tempo, causa un’importante ipotrofia muscolare di tutta l’eminenza tenar; il primo metacarpo si sublussa e la prima Metacarpofalangea (MCF) s’iperestende.
Valutazione
Prima d’iniziare il trattamento riabilitativo è necessaria un’attenta e dettagliata valutazione articolare, funzionale e globale. Sarà dunque necessario stimare il:
- bilancio articolare dell’articolazione TM;
- bilancio posturale (influenza dell’alterazione TM sul movimento dell’arto superiore);
- bilancio funzionale (in relazione alle ADL);
- bilancio clinico generale.
La valutazione precoce della rizoartrosi (prima della comparsa del dolore, dell’impotenza funzionale e della deformità articolare) permette di evitare gravi disfunzioni e distruzioni articolari.
Si consiglia pertanto la seguente valutazione preventiva:
- inversione del bilanciamento funzionale muscolare forze intrinseche/forze estrinseche;
- diminuzione della forza di pinza;
- osservazione dell’atteggiamento del pollice (flessione dell’Interfalangea — IF — ed estensione della MCF;
- pinza in flessione IF (test del flessore del pollice);
- pinza in estensione IF (test dei muscoli thenari).
Classificazione radiografica
Stadio I: restringimento della rima articolare della TM, sclerosi subcondrale senza sublussazione né osteofiti.
Stadio II: sclerosi subcondrale metacarpale marcata, con iniziale osteofitosi e sublussazione inferiore a 1/3 della base.
Stadio III: osteofitosi del trapezio, con scomparsa quasi totale dell’interlinea articolare, sublussazione maggiore o uguale a 1/3 della base metacarpale e artrosi peri-trapeziale.
Stadio IV: grave dismorfismo articolare, con voluminosi osteofiti diffusi, sublussazione della TM e geodi subcondrali.
Per una valutazione più accurata può essere utilizzato l’indice algofunzionale della mano di Dreiser.
- Tabella 1 — Indice di Dreiser (valuta il grado di limitazione della capacità di adempiere alle comuni attività quotidiane e relazionali).
Alla palpazione, soprattutto nelle fasi iniziali, il paziente riferirà un forte dolore localizzato alla base dell’eminenza tenar. Di frequente questo dolore è presente anche sul margine radiale del polso e in alcuni casi può addirittura irradiarsi su tutta la superficie dorsale dell’avambraccio fino al condilo laterale.
Obiettivi del trattamento riabilitativo
Gli obiettivi sono:
- riduzione del dolore;
- riduzione della tumefazione TM;
- prevenzione delle contratture in adduzione;
- prevenzione della deformità;
- riduzione della sublussazione del I metacarpo;
- ripristino della funzione muscolare e della biomeccanica corretta.
Trattamento riabilitativo
Quando il fisioterapista imposta il trattamento riabilitativo (conservativo) o il trattamento (post-chirurgico) deve tener conto dell’età del paziente, del suo lavoro quotidiano, della situazione di malattia e delle condizioni globali del soggetto.
Il trattamento riabilitativo dovrà essere distinto a seconda che si tratti di trattamento conservativo o post-chirurgico.
Nel trattamento conservativo sono utilizzate:
- mobilizzazione passiva e attiva per il mantenimento del ROM (Range Of Motion) funzionale;
- paraffinoterapia;
- crioterapia;
- protezione delle articolazioni coinvolte, con tutori statici.
Nel trattamento post-chirurgico (artroplastica in sospensione) le modalità da seguire sono le seguenti.
A. Prime 4 settimane: immobilizzazione per almeno 4 settimane. Durante questo periodo:
- terapia anti-edema;
- mantenimento del ROM delle articolazioni non coinvolte.
B. Dopo 5/6 settimane:
- confezionamento di un tutore statico;
- trattamento anti-edema;
- trattamento della cicatrice;
- recupero funzionale;
- recupero effetto tenodesico;
- esercizi di presa, leggeri e di medie dimensioni.
C. Dopo 6 settimane:
- abbandono graduale del tutore di giorno;
- esercizi di rinforzo globale (Fig. 3);
- ripristino della funzionalità completa.
Ortesi o splint
L’ortesi utilizzata nel trattamento sia conservativo che post-chirurgico per il recupero funzionale è di tipo statico.
L’ortesi dev’essere confezionata su misura dal fisioterapista, deve stabilizzare l’articolazione TM mettendola in posizione di riposo articolare. Deve posizionare il pollice in 40° di anteposizione e 20° di abduzione. La prima commissura dev’essere aperta e l’articolazione MCF flessa di pochi gradi. Le principali caratteristiche di tale ortesi devono essere la leggerezza, la stabilità e la funzionalità. Generalmente questo tipo di ortesi non deve comprendere il polso.
Si può decidere d’immobilizzare anche il polso solo se il dolore è molto forte e soprattutto se s’irradia sul dorso dell’avambraccio.
L’ortesi va indossata nelle prime 3 settimane sia di giorno che di notte, con particolare attenzione durante il giorno e nel corso dello svolgimento delle comuni attività giornaliere. In seguito il paziente la porterà di notte — e, di giorno, soltanto in presenza di dolore — almeno per 3 mesi.
È stato dimostrato che l’ortesi su misura diminuisce notevolmente il dolore rispetto a quelle preconfezionate in neoprene.
Economia articolare
Nel 2005 l’EULAR (European League Against Rheumatism) ha sviluppato raccomandazioni evidence-based in 11 punti per il trattamento dell’OA della mano.
L’economia articolare prevede che il fisioterapista insegni al paziente come semplici gesti quotidiani quali le prese termino-laterali (tenere in mano una penna, utilizzare una chiave, stringere un libro) siano dannosi per l’articolazione TM, specie se eseguiti con precisione e per lungo tempo.
Sarà necessario insegnargli che, utilizzando un’impugnatura con diametro maggiore, l’articolazione TM sarà meno affaticata e quindi il deterioramento articolare avverrà più lentamente. Sistemi per ingrandire gli oggetti che hanno un diametro di piccole dimensioni sono reperibili facilmente nei negozi di sanitari.
Risultano poi altrettanto a rischio gesti come aprire le bottiglie o chiudere i barattoli. Per ovviare a tali problemi si possono acquistare nei negozi di sanitari piccoli oggetti che rendono l’impugnatura, e quindi la presa della mano, più comode e distribuiscono il carico su articolazioni più grosse e non compromesse. Infine è consigliabile al paziente di non eseguire col pollice i gesti che generano compressione sulla sua colonna, come spingere il pulsante della lavastoviglie o suonare il campanello.